Dopo aver frequentato le nostre aule da gennaio a febbraio, i ragazzi della Work Experience Garanzia Giovani per Assistente alle risorse umane con specializzazione in Social Recruiting ed Employer Branding hanno da poco iniziato il periodo di stage presso le aziende partner di progetto. Durante la formazione in aula hanno approfondito le tematiche del Recruiting ponendo, grazie alle docenti Agar Luppi, Silvia Signoretti ed Erika Meneghello, particolare attenzione all’utilizzo di strumenti digitali e dei Social media.
Gli allievi hanno poi collaborato alla stesura di questo contributo che stai per leggere, incentrato sull’importanza del Personal Branding e sulle tecniche per metterlo in atto in maniera consapevole e mirata.
Buona lettura e complimenti ai nostri neo social recruiters! 🙂
Il candidato perfetto
Il mercato del lavoro negli ultimi decenni ha subito una profonda trasformazione e si è assistito all’avvento di nuove figure professionali autonome, flessibili e distanti dalle dinamiche passate del “posto fisso”. È in questo contesto che il personal branding ha assunto un ruolo di fondamentale importanza. In un mondo altamente competitivo, sempre più globalizzato e digitale, il curriculum spesso non è abbastanza per valorizzare la propria immagine e per renderla spendibile in ambito lavorativo.
L’obiettivo del personal branding non è quello di stupire o dare un’immagine di sé diversa da quella reale, piuttosto offre l’opportunità di distinguersi dalla massa, essere riconoscibili e posizionarsi nella mente di possibili datori di lavoro o stakeholders[1]. Pensare a se stessi come un brand è il primo passo per definire quali azioni di personal branding possano portare effettivi risultati in termini di immagine e occupabilità.
È necessario quindi porsi gli stessi obiettivi che ci si porrebbe nella definizione di una strategia di marketing classica:
- individuare i propri valori e punti distintivi;
- conoscere il proprio target o pubblico potenziale;
- scegliere i canali con cui raggiungerlo;
- porsi degli obiettivi misurabili.
L’efficacia del messaggio passa attraverso la coerenza, per questo è fondamentale che ogni azione di personal branding intrapresa sia in linea con la unique value proposition, ovvero l’insieme degli elementi distintivi e propri di ogni persona.
Ogni strategia di branding è unica e personale e per costruirla esistono diversi strumenti che possiamo utilizzare, come:
- analisi SWOT;
- Personal Model Canvas;
- presentazione breve o “elevator pitch”;
- curriculum creativo;
- presenza sul web.
Vediamoli nello specifico!
Strumenti strategici per il Personal Branding: Analisi SWOT e Personal Model Canvas
Strumenti come l’analisi SWOT o il Personal Model Canvas ci aiutano a chiarire le nostre capacità e a individuare i canali migliori per promuoverle. La prima consiste nel tracciare un grafico in cui possano essere distinti i nostri punti di forza (Strenghts), i punti di debolezza (compresi quelli che vorremmo migliorare, Weaknesses), le opportunità che ci possono avvicinare alla professionalità desiderata (Opportunities) e le minacce che ci possono allontanare da essa (Threats). Il secondo comprende domande mirate rispetto al nostro valore aggiunto, a chi siamo utili e come, a ciò che potremmo apportare in un posto di lavoro rispetto a un altro candidato, il tutto organizzato in una tabella a nove blocchi.
Dalla strategia all’azione: Speed speech e Curriculum creativo
Talvolta la preoccupazione di trovare al più presto un nuovo impiego può portarci a inviare lo stesso curriculum standardizzato per posizioni anche molto diverse fra loro, magari senza aver esaminato tutti i dettagli dell’offerta, perché si dà maggiore importanza alla necessità di “trovare un lavoro”. Tuttavia candidarsi a una posizione qualsiasi e anonima rischia di trasmettere il messaggio che noi stessi siamo “lavoratori qualsiasi”, privi dei requisiti essenziali per quel ruolo.
Per migliorare questa situazione, giunge in nostro soccorso il Curriculum creativo, un modello di presentazione che va oltre gli standard tradizionali e ci permette di suscitare nel recruiter maggiore interesse e curiosità. A seconda della nostra personalità e del lavoro per cui vogliamo candidarci, possiamo elaborare un curriculum accattivante dal punto di vista grafico, una video-presentazione spiegando il motivo per cui dovremmo essere assunti, oppure una presentazione su slide utilizzando Power Point (o programmi analoghi). Il consiglio principale è tenere sempre a mente il destinatario della nostra presentazione: inviando un curriculum originale a un’azienda con uno schema operativo particolarmente rigido, rischiamo di essere classificati come “non idonei” e perdere l’opportunità di essere chiamati a colloquio.
Nel momento del colloquio vero e proprio, poi, ognuno di noi alla richiesta “Mi parli di lei” dovrebbe essere in grado, in un tempo molto breve, di raccontarsi in maniera efficace. Bastano infatti pochi dati, raccontati in modo corretto ed efficace, per essere esaustivi, ma soprattutto per lasciare il segno in chi ci ascolta. Questo concetto è molto popolare nel mondo delle startup e dell’IT, sotto il nome di “Elevator Pitch”, secondo cui si hanno a disposizione dai 30 ai 120 secondi per catturare l’attenzione dell’interlocutore: il tempo di una corsa in ascensore.
Un discorso ben costruito può risultare utile anche in fase di colloquio, poiché fa diminuire il rischio di annoiare il selezionatore e può invitare quest’ultimo ad approfondire alcuni aspetti che possono aver catturato la sua attenzione. L’importante è non improvvisare, ma prepararsi prima del colloquio, così da suggerire al recruiter tanti dati diversi che lo possano agevolare nel processo di selezione.
Ottimale sarebbe aggiustare il proprio speed speech in base all’interlocutore, per apparire proprio come la persona giusta per quel lavoro. Non si tratta di fingere, bensì di privilegiare le informazioni principali sul nostro conto che sembrano più in linea con quella posizione lavorativa. La strategia da utilizzare per questo “spot” è quella della “piramide rovesciata”: si tratta di catturare l’attenzione dell’interlocutore raccontando per prime le parti salienti e aggiungendo solo in seguito le informazioni di contorno. È bene ricordare, infatti, che i primi istanti della presentazione sono i più importanti, quelli che rimangono anche a distanza di tempo nella mente del selezionatore.
Profili Social a prova di recruiter
Per fare personal branding abbiamo a disposizione innumerevoli strumenti, ma ce n’è uno in particolare che usiamo tutti, ed è il più efficace: i social network.
Essere presenti online gioca a nostro favore in quanto possiamo creare un’estesa rete di contatti, ricevere informazioni in tempo reale e condividere contenuti in linea con la nostra persona. Dobbiamo, però, creare un’immagine di noi stessi coerente con i nostri valori e ricordarci che quanto pubblicato potrebbe essere un’arma a doppio taglio: se da una parte la condivisione di momenti, idee e immagini rappresenta chi siamo e cosa amiamo, dall’altra si possono creare malintesi e significati ambigui che potrebbero portare il recruiter, nel processo di selezione, a sviluppare pregiudizi o false convinzioni, che avrebbero quindi un impatto negativo sull’eventuale colloquio.
Ricordiamoci che esistono differenti social network per differenti contenuti, quindi bisogna riuscire a diversificare i messaggi che vogliamo trasmettere in base al canale che utilizziamo. Per ampliare le opportunità lavorative, infatti, è bene essere presenti sui social di settore, primo fra tutti LinkedIn, che ci permette di estendere la nostra rete professionale e di cercare/pubblicare contenuti lavorativi, quali annunci, post, collaborazioni e molto altro.
Anche Facebook va considerato come uno strumento utile nella ricerca del lavoro e non solo come un social da “tempo libero”: i gruppi accomunano persone che condividono interessi e per questo sono strategici; non di rado la prima selezione da parte dei recruiters avviene proprio su questo canale. Se siamo interessati a entrare in un ambito, iniziamo con l’aggiungere nuovi contatti già affermati, analizzandone poi gli aspetti più stimolanti e provando a scrivere in prima persona le nostre riflessioni a riguardo, magari adoperando anche strategie di Real Time Marketing; in questo modo riusciremo a essere originali e a motivare gli altri utenti a esprimere il proprio pensiero. Mantenendo la nostra reputazione social costante e di qualità, potremmo essere notati dai professionisti di nostro interesse e aumentare le opportunità di essere selezionati per un colloquio.
Dove e perché fare personal branding
Perché curare il nostro personal branding? Come abbiamo detto finora, trasmettere una buona e coerente immagine di noi stessi, sia nel mondo digital che dal vivo, ci permette di incrementare le possibilità lavorative e riuscire a raggiungere la posizione a cui ambiamo. Possiamo scegliere la strategia che riteniamo più efficace e più in linea con noi stessi per evidenziare i nostri punti di forza e le nostre peculiarità, in modo da distinguerci dagli altri e risultare interessanti agli occhi dei recruiter. Le competenze e le soft skills che riteniamo maggiormente spendibili diventano essenziali durante la fase di selezione, per questo motivo è utile capire il modo migliore per farle risaltare.
Sempre più, infatti, le aziende assumono oltre che sulla base delle conoscenze possedute dal candidato, anche sulla base di quelle che vengono definite soft skills, ovvero tutta una serie di caratteristiche personali, in parte innate e in parte acquisite con l’esperienza, che distinguono e caratterizzano una persona rispetto a un’altra. A parità di conoscenze tra due candidati, l’azienda o il selezionatore sempre più preferiscono e scelgono la persona con competenze definite orizzontali o trasversali; l’individuo “orizzontale”, infatti, è in grado di avere una visione eterogenea della conoscenza ed è capace di connettere saperi differenti con una modalità a rete. Riuscire a trasmettere all’esterno, agli altri e in particolare ai recruiter quello che siamo non è semplice, ma sviluppando una comunicazione strategica è possibile raggiungere grandi risultati, perché così facendo apparirà più chiaro agli altri ciò che siamo e quanto possiamo dare in termini lavorativi.
E ricordiamoci sempre che, come diceva Oscar Wilde: “Non c’è una seconda occasione per fare una buona prima impressione”.
Alessandra Gallina
Alexandra Ciobotaru
Camilla Massignan
Marco Soave

Eccoli qui i nostri super allievi del corso per Assistente HR con specializzazione in Social Recruiting e Employer Branding insieme alla docente Silvia Signoretti!
Verona, 05/03/2020
[1] Gli stakeholder di un’impresa sono i portatori di interesse che fanno riferimento a un’organizzazione.